È possibile, all’atto dell’ascolto, avere la percezione consapevole del groviglio di emozioni, di riflessioni profonde, di stimoli, anche banali, che sottendono la composizione della più tipica delle danze partenopee?
Se parliamo di tarantelle, ognuno vi associa gli stessi luoghi comuni linguistici e le stesse immagini stereotipate: eros, seduzione, ma anche buon cibo, ebbrezza, esuberanza.
L’autore-compositore invita il lettore-ascoltatore in un itinerario immaginario, dove assisterà da terza persona al dialogo fra Pulcinella e una figura anonima. Usando il napoletano e rintracciando frammenti di storia locale, lascia intuire l’anima di questa città e gradatamente lo introduce nel mondo immateriale della musica, nel suo processo creativo, nel gioco contrappuntistico, nelle sensazioni inespresse che precedono la costruzione della composizione, fino ad avvicinarlo in maniera sottile e nel modo più coinvolgente possibile all’ascolto di: ‘n ata tarantella!
Ed, eventualmente, per i pianisti, alla lettura dello spartito.